I nostri pensieri divengono il nostro mondo. Noi diventiamo ciò che pensiamo. Questo è l'eterno mistero. (Maitri Upanisad)

mercoledì 21 dicembre 2011

Ganesha Shodasha Naamani - mantra dei nomi di Ganesha







Agajaanana Padmaarkam Gajaanana Maharnisham
Anekadantham Bhaktaanaam Ekadantam Upaasmahey

Giorno e notte l’omaggio dei devoti al volto di elefante, che è come il sole per il fiore del loto, l’Unidentato

Sumukhaschai Ekadanthascha Kapilo Gajakarnakah
Lambodarascha Vikato Vighnaraajo Ganaadhipah

Dal volto piacevole, con una sola zanna, di colore rosso scuro, con orecchie d’elefante, dalla grande pancia, dall’aspetto particolare, distruttore degli ostacoli, Signore delle moltitudini

Dhoomaketur Ganaadhyakshah Phaalachandro Gajaananah
Vakratunda Soorpakarno Heyrambha Skandapoorvajah

Del colore del fumo, Signore delle moltitudini, con la luna sul capo, dal volto d’elefante, il Proboscidato, dalle grandi orecchie, il figlio amato dalla madre, il fratello di Skanda

Vakratunda Soorpakarno Heyrambha Skandapoorvajah Heyrambha Skandapoorvajah

tutti i diritti sulla traduzione italiana riservati - proprietà intellettuale delle traduttrici e di yoga svadiyaya blog - per contatti yoga svadiyaya 

mercoledì 14 dicembre 2011

Om Gam Ganapataye Namaha - mantra di Ganesha














Om Gam Ganapataye Namaha

Om, mi abbandono a Ganesha, signore delle moltitudini

venerdì 9 dicembre 2011

vimala thakar: il risveglio verso la rivoluzione totale














In un’epoca in cui la sopravvivenza della specie umana è in pericolo, tenere in vita lo status quo vuol dire cooperare con la follia e contribuire al caos. Quando l’oscurità sommerge lo spirito dell’umanità, le persone impegnate devono urgentemente risvegliarsi ed elevarsi verso la rivoluzione.
La furbizia della mente umana ci ha portato a questa crisi complicata, orribile e universale. Le soluzioni basate su una concezione tradizionale dell’uomo, continuano a fallire, a essere pateticamente inadeguate. Tuttavia investiamo molte risorse in queste vecchie soluzioni, con l’idea che se raggiungiamo una scala sufficientemente grande, esse risolveranno i nuovi problemi. Abbiamo il coraggio di vedere i fallimenti per quello che sono, lasciandoli al passato? Abbiamo la forza di andare al di là di filosofie anguste e unilaterali, per aprirci alla totalità e all’interezza?
Ciò che occorre adesso è andare al di là del frammentario, per risvegliarci alla rivoluzione totale. Ciò che occorre adesso non sono le formule rivoluzionarie del passato. Se hanno fallito, perché continuare a trascinarle con noi, magari sotto nuove vesti? Oggi la sfida è creare una rivoluzione completamente nuova, vitale, che includa la totalità dell’esistenza. Non abbiamo mai avuto il coraggio di abbracciare la totalità della vita nella sua imponente bellezza; ci siamo accontentati dei frammenti, di nicchie dove ci sentiamo concettualmente al sicuro ed emotivamente tranquilli. Potremmo anche tenere le nostre piccole e confortevoli nicchie, non fosse per la terribile confusione che abbiamo creato cercando di spezzare l’unità cosmica in piccoli frammenti. Abbiamo creato un caos orribile, e cerchiamo di porre riparo alla complicata situazione con le più superficiali e raffazzonate cure.
Oggi, con le cicatrici dei fallimenti passati che deturpano la nostra esistenza e le paure del futuro che appesantiscono lo spirito, non possiamo più continuare con questo pericoloso gioco della frammentazione. Non possiamo più negare il fatto che siamo tutti collegati, uniti nella totalità. La scienza e la tecnologia hanno portato ognuno di noi in intima relazione con tutti gli altri. Siamo davvero una grande famiglia umana. Tuttavia, come famiglia umana, non abbiamo imparato a vivere insieme in pace, senza violenza né sfruttamento. All’inizio del ventesimo secolo, Bertrand Russell ha scritto: “L’uomo sa volare in aria come un uccello, sa nuotare nell’acqua come un pesce, ma non sa vivere in mezzo agli altri esseri umani”.
Benché la nostra sopravvivenza sia a rischio, tendiamo a considerare la crisi in modo superficiale, emotivo e sentimentale. Abbiamo cercato, in modi sottili, di non attribuire a noi la colpa per la situazione della famiglia umana. Pensiamo di essere – noi o il nostro piccolo gruppo – persone sincere e amanti della pace, e attribuiamo agli estranei, a chi sta fuori dal gruppo, ai furfanti assetati di potere, la responsabilità per ogni guerra o aggressione.
Tuttavia, come possiamo noi, membri di società preparate alla guerra, chiamarci fuori in quanto “amanti della pace” accusando gli altri di violenza? Ma questo è ciò che cerchiamo di fare. Vediamo alla TV, o ascoltiamo alla radio di guerre e massacri che accadono in vari Paesi, e pensiamo quanto sia stupido farsi la guerra, chiedendoci perché i politici e gli uomini di Stato non hanno il buon senso di mettere fine a tutte queste sciocchezze. Questa è la reazione forse di ogni cittadino sensibile del mondo. Ma chi è che fa la guerra? Dove sono la radici di quest’ultima? Nelle menti di pochi individui che governano i rispettivi Paesi? Oppure nei sistemi che noi abbiamo creato e nei quali viviamo da secoli: il sistema economico, politico, amministrativo, industriale? Se non siamo dei romantici o dei sentimentali, e non ci accontentiamo di una semplice reazione emotiva, dicendo quanto sono brutte le guerre, ma andiamo in profondità, non troveremo forse le radici della guerra nei sistemi e nelle strutture che abbiamo accettato?
Scopriremo che esistono sistemi e strutture che conducono inevitabilmente all’aggressione, allo sfruttamento e alla guerra. Abbiamo accettato l’aggressione come stile di vita. Creiamo strutture che culminano nella guerra, e ci trinceriamo dietro di esse. Mantenere le strutture ed evitare le guerre non è possibile. Io e te, come individui, dobbiamo comprendere in che modo siamo responsabili, come cooperiamo con il sistema e quindi partecipiamo alla violenza e alla guerra. Quindi, dobbiamo cominciare a chiederci se possiamo smettere di cooperare con il sistema, di partecipare alle guerre, e cercare stili di vita alternativi.
Dobbiamo andare alle radici del problema, al centro della psiche umana, riconoscendo che l’azione sociale collettiva comincia dall’azione nella vita individuale. Non possiamo separare l’individuo dalla società. Ognuno di noi contiene la società quando ne accetta la struttura, le priorità stabilite per noi dai governanti e dagli Stati. Siamo espressioni della società, ripetiamo il modello creato per noi, e siamo felici perché ci vengono dati comfort, svaghi, divertimenti, sicurezza fisica ed economica. Ci hanno educato a essere ossessionati dalla sicurezza: il domani ci preoccupa molto più della responsabilità per l’oggi.

continua a leggere...

Vimala Thakar, Spirituality and Social Action: A Holistic Approach, 1984

venerdì 2 dicembre 2011

vimala thakar: il mistero del silenzio - la trasformazione (testo italiano)














"Se riusciamo a osservare il nostro modo di vivere in tutta umiltà, vedremo che non sappiamo vivere. Basta il più piccolo movimento, e c'è esasperazione, irritazione, inibizione, paura. La più piccola necessità di entrare in rapporto con gli altri, ed ecco che la mente si dà da fare. Vivere è muoversi con l'integrità del proprio essere, in armonia: vivere è muoversi senza attrito interiore, con la totalità del proprio essere in armonia. La sfida della trasformazione è avvertita da chi sente che vivere è muoversi, totalmente, da una situazione all'altra, da un rapporto all'altro, con la totalità del proprio essere, in tale libertà e in tale armonia che l'atto di muoversi non è sentito come una prova tremenda ma come una festa, come qualcosa da godere".
 
"Non avere pregiudizi su nessuno degli aspetti della vita è assolutamente, estremamente necessario. Altrimenti la ricerca viene distorta e inquinata fin dall'inizio, perché considero la vita fisica materiale disprezzabile, e guardo dall'alto in basso i rapporti fisici come qualcosa di non religioso, di non spirituale. Non c'è nulla di non spirituale nella vita, tranne ciò che la mente crea e a cui indulge. Perciò, un ricercatore deve entrare in contatto con la totalità e non permettere che la mente si faccia inquinare da questa sua idea che ci sia qualcosa di non spirituale. Perché vedete, è sempre la stessa cosa, sia che abbiate un pregiudizio verso qualcosa o che la veneriate, sia che la condanniate o che la vezzeggiate. Tenersi alla larga dai due estremi e dirsi: «Non ho mai considerato nulla in vita mia senza pregiudizi»; dirsi: «Ho sempre considerato le cose e reagito, o risposto, sull'onda del pregiudizio, di teoria o di ideologie»; dirsi questo e liberarsi dall'abitudine del pregiudizio e delle tendenze, significa porre le basi giuste per la ricerca".


"Perché vi sia una trasformazione nessun movimento dev'essere ripetitivo o meccanico. Quando vivo in modo ripetitivo e meccanico non mi serve la qualità della sensibilità, dell'attenzione. Vedete qual è il gioco della mente? La mente non deve essere vigile e sensibile, quando ripete uno schema. Quando prende un'abitudine, non ha bisogno di essere attenta. Essere attenti richiede sensibilità, perciò l'uomo ha continuato a baloccarsi creando nuovi schemi abituali, splendidi modelli di schemi abituali. Viaggiando per i vari continenti si potrebbe vedere tutta la cultura umana come una grande giardino pieno di modelli e schemi di comportamento: comportamento verbale, comportamento fisico, comportamento mentale e così via. Perciò dovrò imparare a liberarmi dall'azione ripetitiva, meccanica, in primo luogo sul piano fisico: a non fare nulla distrattamente, in modo meccanico o ripetitivo. Quando fate un movimento distrattamente, passivamente, non siete là. È l'abitudine che si muove nel tempo, non voi".

"Cos'è l'attenzione non reattiva? Un oggetto si presenta alla mia coscienza e io non mi rapporto all'oggetto. La reazione interviene quando mi rapporto all'oggetto o per fare qualcosa all'oggetto o per fare qualcosa con l'oggetto o per ottenere qualcosa dall'oggetto. Quando non rapporto me stessa, l'ego, all'oggetto, c'è un'attenzione non reattiva. Quindi la mente si muove e io la osservo. Quando si sostiene questo stato di attenzione, l'impeto del passato si spegne da sé, perché non ha alcun ruolo. E quando i contenuti della psiche sono lasciati liberi di manifestarsi e vengono guardati senza paura, è possibile a ogni essere umano guardarli, basta che non abbia immagini di se stesso da difendere. Quando i contenuti vengono osservati in questo modo, e non c'è nulla di più da osservare, la separazione fra osservatore e osservato scompare da sé. Con l'aiuto dello specchio dell'attenzione non reattiva, guardo i contenuti. Quando l'osservazione è finita, senza combattere con lo specchio, vi allontanate semplicemente dallo specchio. Avete guardato la figura, il vostro corpo. Non c'è più nulla da guardare. Allora l'osservatore scompare. Voi ci siete, ma non l'osservatore. Allo stesso modo, quando i contenuti della psiche sono lasciati liberi di esporsi all'attenzione, e sono lasciati liberi di farlo innocentemente, naturalmente, seguendo il proprio moto, la propria velocità, e non c'è più nulla da osservare, la separazione, la scissione, svanisce, si dissolve. Perciò la separazione non c'è più, e si resta in uno stato di espansione della psiche, della coscienza, dove non c'è centro né circonferenza, periferia. È l'inizio di ciò che chiamiamo silenzio. L'ultima attività dell'io-coscienza entra volontariamente e gentilmente in uno stato di sospensione quando l'osservazione è terminata, e si resta in un oceano di coscienza. E ci si ritrova in una tremenda vastità, in una voragine senza fondo, un'esistenza senza direzione. Perché ero lo scopo a dare la direzione; era l'ideologia che mi indicava una destinazione. Era l'io-coscienza che mi dava la sensazione di un centro, di una centralità e sicurezza. Ora non c'è nulla. C'è soltanto una vasta distesa di energia, di coscienza. La coscienza è energia senza centro né circonferenza. E chi veramente arriva lì ha come primo impatto la sensazione di essersi sperduto: «Dove sono?». La dimensione del silenzio è una nuova dimensione a cui l'uomo non è abituato, con cui non ha dimestichezza. È una dimensione del tutto nuova dove c'è un nuovo movimento, un nuovo tipo di moto, non un movimento cerebrale".

da Vimala Thakar, Il mistero del silenzio